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Attualità domenica 03 febbraio 2019 ore 07:00

Trent'anni fa moriva Luciano Costanzo

Su #tuttoPIOMBINO Gordiano Lupi ricorda la morte di Luciano Costanzo divorato da uno squalo nel golfo di Baratti. Brano tratto da Piombino Leggendaria



PIOMBINO — Stefano Tamburini con un post su Facebook prima e con un articolo su Il Tirreno poi mi ha riportato alla memoria la storia di Luciano Costanzo, che ha attraversato il mio immaginario di ragazzo, un fatto che ancora oggi ricordo come un evento leggendario, come una cosa incredibile, assurda. Mi viene a mente un enorme e feroce squalo bianco che divora un povero pescatore davanti agli occhi del figlio e di un amico. 

A quel tempo lavoravo per Rete Toscana Sud, una piccola televisione locale con sede all’Isola d’Elba e succursale a Piombino. Ricordo che Piombino divenne centro di attenzione di tutti i media e che Massimo Gherardi, il direttore dell’emittente privata, fu chiamato persino a fare un servizio per Rai Uno. Una bella soddisfazione che dobbiamo solo al povero Luciano Costanzo, ex difensore del Piombino calcio e pescatore appassionato. Se ho pubblicato sul mio Piombino leggendaria la storia della sua scomparsa non è certo per mettere in dubbio niente, né per dare credito alle tante voci popolari che si rincorsero in città dopo il tragico evento. Lo faccio solo perché questa vicenda è diventata una vera e propria leggenda metropolitana che appartiene ai ricordi di tutti i piombinesi. E allora raccontiamola.

Tutto comincia giovedì 2 Febbraio 1989, l’acqua è limpida e tranquilla, il cielo sereno, pare un giorno perfetto per uscire in mare. Luciano Costanzo, un ex calciatore che fa il portuale a Piombino, il figlio diciannovenne Gianluca e l’amico ingegnere Paolo Bader prendono il largo con una barca di undici metri che hanno noleggiato. Costanzo ha quarantasette anni e più di trenta di esperienza subacquea, non è certo un novellino, ma quello che lo attende è una novità terribile pure per lui. Ha scelto di andare a fare pesca subacquea verso lo stupendo golfo di Baratti, nella zona dello Stellino, proprio al confine tra Piombino e San Vincenzo. Alle undici in punto Costanzo si tuffa nel golfo, alla profondità di venti - trenta metri, e scompare sotto il pelo dell’acqua. Il figlio e l’ingegner Bader restano a bordo. Bastano pochi istanti e il dramma si compie. Gianluca vede affiorare a una quindicina di metri dalla prua una sagoma scura, enorme, una cosa che raggiunge i sei, forse sette metri di lunghezza e subito dopo nota due pinne fendere l’acqua. Non ci sono dubbi. È uno squalo gigantesco, terrificante. Gianluca e l’ingegner Bader mettono subito in moto la barca per aiutare il malcapitato ma ogni tentativo di soccorso è vano. Costanzo riesce a schivare il primo attacco del pericoloso bestione ma subito dopo viene trascinato sott’acqua e ucciso. 

Il racconto del ragazzo, confermato dall’ingegner Bader, è l’unica cosa che ci resta di quel triste giorno. “Proprio in quel momento ho visto mio padre riemergere. Si trovava a pochi metri dallo squalo e ha cominciato a nuotare disperatamente verso di noi. Il pescecane gli ha girato due volte intorno, poi lo ha attaccato. Lui è riuscito a scansarlo, non so come, una prima volta. Ma al secondo attacco, mentre gridava aiuto, lo abbiamo visto scomparire: lo squalo doveva averlo afferrato per le gambe e trascinato sott’acqua. Disperati, abbiamo avviato il motore, cercando di ritrovarlo. Ma tutto è stato inutile. Mio padre era scomparso”.

Una tragedia sul mare che non ha precedenti, almeno nella nostra zona. Una storia incredibile che si ammanta subito di mistero. Gianluca e l’amico tornano al porto sgomenti e affranti dal dolore. La cosa ancora più allucinante è che da principio nessuno crede alla storia che raccontano. Sono troppi i punti oscuri della vicenda, c’è chi pensa a un tragico scherzo, a un inganno, molti fanno le ipotesi più disparate. Poi il terrore che traspare sui loro volti mentre raccontano fa pensare che sia davvero accaduto l’impossibile. Il figlio e l’amico non possono recitare così bene. E allora forse è proprio vero che in pieno mar Mediterraneo un uomo è morto perché attaccato da uno squalo bianco. Scattano subito i soccorsi e le ricerche che durano diversi giorni, ma lo squalo non viene trovato. Solo verso sera emergono le prime tracce della vittima del pescecane: brandelli della muta e qualche resto umano. Tre giorni più tardi il mare restituisce una pinna, la cintura con i pesi di piombo e le bombole, segnate dai denti dell’animale. Chi ancora crede a una messa in scena deve convincersi.

L’interesse della stampa e delle televisioni di tutta Italia è alto e numerose troupe giornalistiche si precipitano a Piombino che sale alla ribalta delle cronache nazionali. Le polemiche cittadine (e non solo) dicono che è impossibile che del povero sub non sia rimasto traccia. Qualcuno sostiene che Costanzo pescava di frodo e che sarebbe morto per lo scoppio di una bomba. Un mensile di pesca subacquea lancia il sospetto che l’uomo non sia morto, ma che si trovi in qualche paese sudamericano con in tasca i soldi di un’assicurazione sulla vita. Questa è la parte leggendaria relativa alla morte di Luciano Costanzo, ma la verità storica dice che nessuna perizia ha mai demolito il circostanziato racconto degli unici testimoni della morte del sub piombinese. Un anno e mezzo dopo i fatti è il Tribunale di Livorno a sancire per sentenza che la morte di Costanzo è avvenuta a causa di uno squalo. Per di più il sub non aveva sottoscritto nessuna polizza assicurativa sulla vita, quella era proprio una leggenda metropolitana. Come prova decisiva è accaduto che dieci anni dopo, in una domenica di dicembre, qualcuno ha visto ancora una volta nelle tranquille acque di Baratti un terribile squalo bianco. Resta il fatto che la storia della fuga in Sudamerica e della finta morte divorato da uno squalo mi ha affascinato a lungo, tant’è vero che l’ho utilizzata come finale per un romanzo inedito (che forse non pubblicherò mai) intitolato La via di fuga.

Lo squalo bianco è un animale raro nelle nostre acque e in Italia per fortuna lo conosciamo solo per via del celebre film di Steven Spielberg e dei pessimi sequel girati da registi meno validi. Eppure anche a Piombino siamo certi che un carcharodon carcharias, per chiamarlo con il suo nome scientifico, uno dei più efficienti organismi mai prodotti dalla natura, ha colpito lasciando una vera scia di sangue. In Italia il film Lo squalo ha avuto un successo di pubblico incredibile e pure a me evoca tanti ricordi di ragazzino, visto che mi sono sciroppato anche i film di Enzo G. Castellari, soprattutto il mitico cacciatore di squali interpretato da Franco Nero con la parrucca bionda. La faccenda mi interessa sin da subito e me ne occupo, insieme all’amico Gherardi, per la televisione locale. Costanzo ha visto questo orribile spettacolo prima di morire: una bocca che si apre smisurata su di lui e l’estremità del muso che si incurva verso l’alto per far uscire i denti aguzzi. Possiamo solo provare a immaginare il terrore dipinto sul volto dell’ex calciatore piombinese, perché nel momento dell’attacco l’aspetto dello squalo bianco è davvero spaventoso. Lo squalo bianco sta mesi senza mangiare e fa buon uso del cibo perché ricava molta energia da ciò che mangia, riesce a percorrere molti chilometri in autonomia. E quel brutto giorno lo squalo si era spinto sino allo Stellino di Baratti per divorare un povero sub, forse erano settimane che non mangiava. 

Luciano Costanzo era uno sportivo, uno spietato francobollatore di attaccanti ai tempi d’oro d’un Piombino calcio che finiva sulla schedina perché faceva la Quarta Serie Nazionale. Nel tempo libero, una volta attaccate le scarpe al chiodo, si metteva la muta e andava per mare a pescare. La sua vita è sempre stata una sfida, una lotta contro un avversario, non importa se un centravanti sul campo erboso o un pesce davanti al suo fucile. In un tragico giorno d’inverno, davanti alle rocce dello Stellino, ha giocato la sua ultima sfida. Luciano Costanzo s’è arreso davanti allo squalo e di sicuro ha visto scorrere tutte le partite della sua vita nello schermo in bianco e nero d’un calcio anni Settanta. Non immaginava che il suo destino era quello di entrare nella leggenda.

Da Piombino Leggendaria, Edizioni Il Foglio

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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