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Attualità domenica 05 agosto 2018 ore 07:00

La mia Salivoli

Salivoli (Foto di Riccardo Marchionni)

"La mia Salivoli" di Gordiano Lupi su #tuttoPIOMBINO



PIOMBINO — Salivoli non è soltanto la spiaggia della mia infanzia, la bicicletta nera di mio padre, il ristorante Romano, il Nastro Azzurro, le granite menta e limone fatte col tritaghiaccio, il golfo immenso con due spiagge - una ricca e una povera - separate da un fiumiciattolo, che adesso divide una spiaggia terrosa da un porticciolo. Resta un ristorante che non è più Romano ma un locale come tanti, per turisti. Resta il ricordo del Nastro Azzurro, appartamenti per bagnanti, non più terrazza sul mare dove giocare a flipper e calcio balilla, metter dischi nel juke-box e tirar tardi la sera.

Salivoli non è solo mare, comunque, esiste un quartiere dove la gente vive, che accoglie il passante con un cartello posto in curva, improvviso come un lampo d’estate, di fronte a un delizioso giardino, oggi curato, un tempo sterpaglia e boschi d’oleandri gettati a nascondere ragazzi che bigiavano la scuola. Un giardino dove far colazione e specchiarsi nel mare osservando isole in canale e scogli distratti, un piccolo chalet, dove bere un aperitivo, sorbire un caffè, sedere sulle panchine, aspettando il magico momento dei ricordi. È il bar dell’ultimo caffè con mio padre, ogni volta che ci passo identica scena torna prepotente alla memoria, ma cosa posso farci, son costretto a berlo quel caffè dal gusto amaro.

Abbandoniamo giardini e mare, andiamo avanti, tra ginestre fiorite a maggio, velenosi oleandri, lecci profumati, pini marittimi e palme, altissime per esser nane, vecchie e inossidabili, simulacri del tempo che passa. Salivoli è una lunga direttrice dove automobilisti di provincia sfrecciano come in un circuito, incuranti di attraversamenti pedonali e di chi vorrebbe passeggiare. 

Quartiere che si risveglia se fanno qualche festa in piazza Lega, ma anche di domenica, a primavera, quando famiglie intere corrono a vedere il mare e il sole che tramonta in canale, illuminando le isole del vecchio arcipelago. Pitosfori, arbusti di cipresso, un fico e un olivo nascosti tra case e pompe di benzina, negozi di cosmetici e panetterie, pasticcerie e ricordi. E poi un parco di palme e pini, boschetto nascosto tra strutture decadenti d’un centro commerciale, verde e mare, collina e vigneti, desideri e speranze. Sogni no, ce ne son rimasti pochi. 

Salivoli è il percorso della mia vita quotidiana, monotonia d’un divenire incerto, quartiere deserto, angoscia e desolazione, avanti di toccare le scuole dei bambini, poco prima dei Diaccioni, campagna intatta, verdeggiante e polverosa, che scopre Baratti e Populonia. Case cadenti, condomini sul mare, palazzoni tristi, cielo grigio frastagliato da scirocco, solcato da gabbiani che proteggono i piccoli. Serrande abbassate, fondi sfitti in cerca di padroni, bar e tabacchi, edicole chiuse, ché nessuno compra più giornali, solo telefonini e video poker. Salivoli e la mia strada tra verde e mare, case e commercio, in alto un ospedale che dalla collina scopre il golfo e le navi che percorrono il canale. Salivoli e le sue due chiese, piccole parrocchie dove la domenica un popolo di vecchi miscredenti si riunisce per santificare un Dio perduto. Tra le ideologie del passato, infrante in foreste di sogni, resta solo la fede. Non è poco, ma non è la mia dote. E un campo di calcio dove fuggì la giovinezza e il campo di rugby dove crescono ragazzi e sogni spezzettati in frammenti di giorni che ritrovi agli angoli di strada. Non provare a rimettere in sesto i cocci del passato. Fuggevoli rimpianti che non trovano modo di svanire. Puoi soltanto vivere con loro. Svegliarti al mattino e sentire il cuore pervaso di struggente nostalgia.


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