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Attualità domenica 16 agosto 2020 ore 07:52

Il bar del partito

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Il bar del partito” di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni



PIOMBINO — Scompare anche il bar del partito in via Torino, così com’è scomparso il partito, (annessi e connessi), come non esistono più la cartolibreria del Mabrini - La Rinascita - in corso Italia, la sezione della federazione giovanile, la sede locale dell’Unità, insomma il nucleo storico piombinese del partito comunista. La sede politica da tempo immemore ha traslocato in via Marco Polo, con frequenti e impietosi cambiamenti di nome, sigle, stemmi, ma non è certo la politica ad affascinarci, come sempre andiamo a caccia di ricordi. Ho cercato di ricostruire un po’ di storia del bar del partito (come l’abbiamo sempre chiamato pure se il nome vero era Bar La Rinascita) in via Torino, angolo via Cellini, parlando con Selio Rocchi.

Non sono molte le notizie raccolte: “Purtroppo ho vaghi ricordi. Mio fratello Nedo aveva 13 anni quando fu assunto come ragazzo che serviva ai tavoli, quindi divenne barista al Bar La Rinascita della sede del PCI. Il responsabile (il vero barman) era Elio Giuntoli, formato alla scuola di Dante Mazzei e del Bendinelli, che gestirà il bar del Supercinema, ma pure di Carabina (Arialdo Monticelli), che manderà avanti per anni il bar del cinema Odeon, senza dimenticare Elio Pastori, che avrà successo con un apprezzato laboratorio di pasticceria. Mio fratello Nedo ha imparato il lavoro da Elio Giuntoli, facendo tesoro della grande esperienza delle persone che ho citato. Ha lavorato al Bar La Rinascita fino all'età del militare, una volta rientrato a casa abbiamo comprato dal padre di Vetù il bar fiaschetteria per trasformare quel locale nel Bar Nedo”.

E allora lasciamo da parte la storia, di quella se ne occuperà Mauro Carrara con la precisione certosina che lo contraddistingue, il mio ruolo è diverso, come sempre mi ritrovo a sfogliare il calendario dei giorni passati, assaporando madeleines dal profumo indimenticabile. Rivedo un bambino sudato dopo interminabili partite di pallone nella piazza davanti alle scuole, quella piazza Dante che è stata il primo campo di calcio della Sempre Avanti e che ha continuato a tener fede al suo ruolo, ospitando le partite di tanti ragazzini nati nei primi anni Sessanta. Facevo parte di quella massa di figli di operai che vivevano nei quartieri proletari tra via Gaeta e via Gobetti, passando per via Oberdan - dove c’era il cenciaio - e via Buozzi, persino via Colombo, anche se non mi spingevo così lontano, verso luoghi dove si narrava di partite disputate per strada, mentre passavano biciclette e poche utilitarie.

Noi di piazza Dante mettevamo maglioni e giacchetti per terra che delimitavano porte di fantasia, correvamo a perdifiato, ci sbucciavamo ginocchi e dimenticavamo lezioni, dopo esserci abbeverati alla fontana delle nostre emozioni. E al termine di ogni partita c’era la corsa al bar del partito- chiamarlo La Rinascita non ci veniva bene - per comprare un ghiacciolo tergisudore, rinfrescante, magari anche più d’uno, tanto erano molto economici. Mi pare di rammentare che costassero venti lire, in compenso avevano i gusti più buoni del mondo: tamarindo, lampone, menta, limone… Coloratissimi blocchetti di ghiaccio, profumati oggetti del ricordo che ancora oggi catturano milioni di sogni evanescenti.

Il bar del partito per noi ragazzini degli anni Sessanta non era niente più di quello, al limite una spuma, uno scendigaffe (birra e gassosa), un cornetto Sammontana, un Cucciolone. Non potevamo immaginare che in quelle stanze passasse il futuro della nostra città, si decidesse il destino della fabbrica, si organizzassero scioperi e manifestazioni.

Non potevamo sapere che dietro al bancone non c’erano soltanto il biliardo e la sala per giocare a carte, ma anche le redazioni locali di Rinascita e Unità, dove si commentavano i giorni della nostra storia. E nel portone accanto scorreva la politica tutta passione degli anni Sessanta, giocata col cuore, proprio come le nostre interminabili partite di calcio che finivano nel gelido sapore d’un ghiacciolo al tamarindo.

Profumi perduti, purtroppo, come gli errori della nostra generazione, come il sapore del passato, come un’occasione lasciata cadere, come un sogno che non può tornare. Tutto si è confuso nello sciroppo zuccheroso d’un antico ghiacciolo, mangiato con avidità mezzo secolo fa, mentre le bandiere rosse si agitavano al vento e troppisogni non erano ancora caduti.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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