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Lavoro sabato 24 agosto 2019 ore 12:24

Pazzagli: "Serve una nuova idea di città"

Rossano Pazzagli (foto da Facebook)

Lo storico Rossano Pazzagli risponde all'appello del Coordinamento Art-1-Camping Cig e spiega quali possono essere le opportunità per Piombino



PIOMBINO — Rossano Pazzagli, storico, docente all’Università del Molise già sindaco di Suvereto e presidente del Circondario della Val di Cornia, risponde all'appello del Coordinamento Art. 1 – Campig Cig sul futuro della città di Piombino e sul lavoro (leggi qui l'articolo), e spiega quali sono, secondo il suo punto di vista, le opportunità che si aprono per Piombino, sottolineando come l'industria possa essere solo una delle fonti economiche del territorio per il futuro e come ne debbano invece essere organizzate altre legate al patrimonio storico, culturale e ambientale di un'area più vasta, tenendo comunque presente anche l'identità legata alla storia industriale del territorio.

Qui di seguito pubblichiamo l'intervento completo di Rossano Pazzagli.

"Al Coordinamento Art. 1 – Campig Cig,

la vostra lettera mi sembra realistica e la condivido. Condivido in particolare due punti concettuali:

1) superare la passività con cui si subiscono le scelte aziendali e/o comunque esterne; 

2) la necessità di un ruolo pubblico nel processo di bonifica e di reindustrializzazione, per quanto quest’ultima sarà possibile.

Purtroppo condivido anche il pessimismo sui piani industriali… qui sono trent’anni che si aspetta il salvatore della patria, come se chi arriva dall’esterno (bresciano, russo, algerino o indiano che sia) dovesse avere acuore le sorti nostre anziché i suoi affari.

Detto questo, e precisato che non sono esperto di questioni industriali, io penso che il tempo dell’industria siderurgica sia passato, a livello locale come nazionale, e che Piombino sia già una città (e un territorio) incamminato verso una condizione post-industriale. Lo dimostrano i dati e la mentalità sempre più diffusa tra i cittadini. Non vi sembri una posizione antindustriale, né tantomeno antioperaia. La città postindustriale potrà avere la sua industria e dovrà avere la capacità di salvare il lavoro. Il lavoro viene prima dell’industria, e non sono più sinonimi.

Scusate se ragiono più della città e del territorio che dell’industria, ma non vi sfuggiranno le strette connessioni tra questi termini. È necessario un passaggio culturale, di mentalità, oltre che economico. Serve un modello diverso, non una diversificazione qualunque sia. La siderurgia è ormai secolare, è durata a lungo. Considerando che il nostro è un Paese povero di materie prime e senza carbone, potremmo anche ritenerci contenti che sia durata così tanto, grazie soprattutto al meccanismo delle partecipazioni statali.

L’attuale situazione di crisi deve diventare il crogiuolo di una nuova città e di una nuova economia. Può essere la Piombino di oggi un laboratorio interessante di idee e di proposte, di visioni strategiche e alternative al modello capitalistico e industriale che l’ha guidata fin qui?

Io penso di si, che sia possibile innestare sul tronco forte della città industriale novecentesca una nuova idea di città, di società, di economia. Un nuovo modello che non può essere quello centrato sul business dei rifiuti e/o dell’energia, come si è cercato di impostare negli ultimi anni, che non può trascurare le bonifiche e i resti dell’industria, come purtroppo si è fatto finora. È paradossale che a Piombino ci si sia impegnati per la demolizione degli impianti senza avere idee e progetti per fare di quei monumenti un pezzo della rigenerazione urbana ed economica di cui ha bisogno da tempo la città e il territorio circostante. 

Finora non è stato colto il valore di questo potenziale e ora servirebbe un segno di forte discontinuità e di effettivo cambiamento. Questo è anche il motivo per cui le tradizionali forze di governo hanno perso le elezioni: in una città che ha bisogno di cambiamento, esse sono apparse il baluardo della conservazione.

Il fumo è stato pane, d’accordo. Ma oggi che i fumi delle fabbriche si sono diradati, fino a spegnersi del tutto, ci si accorge che esistono anche altre cose intorno: la campagna, il mare, i paesi, i boschi, i beni culturali… non un mondo perduto verso il quale avere sentimenti di nostalgia o di rimpianto, ma un patrimonio territoriale, ambientale e culturale di grande valore, serbatoio di risorse e di lavoro. Ci si rende conto che la città industriale non è più il polo accentratore, l’unico riferimento, il simbolo della modernità. 

fumi si sono dileguati ed è più facile scorgere cosa c’è sotto, cosa è rimasto intorno alla città industriale. La città postindustriale è un insieme di relazioni e funzioni. Essa può comprendere anche l’industria, o quel che resta dell’industria, ma in una logica diversa, nella quale la fabbrica è una delle opportunità, non l’unica opportunità; dove il settore industriale non è più il centro ordinatore dell’intera struttura economica e produttiva. 

Una città che rilegge e mette a frutto il suo patrimonio territoriale, materiale e immateriale, che valorizza l’industria come patrimonio culturale ma la supera come asset produttivo centrale, che recupera terreno, che ritrova un rapporto organico col mare (attraverso il suo porto, ma non solo), che sa relazionarsi con gli altri centri della costa (da Follonica a Cecina) e dell’entroterra fino alle Colline Metallifere, che dà valore all’ambiente e al paesaggio. 

Una città che cambi modello, diventando laboratorio, luogo di sperimentazione di nuove forme economiche e sociali e che, così facendo, si ponga anche all’attenzione regionale, nazionale e internazionale. 

Soprattutto, dovrà essere una città che recupera protagonismo, che riprende nelle mani il proprio destino rivendicando un’attenzione vera e nuova da parte dello Stato, senza aspettare il salvatore di turno. Per salvare l’industria e soprattutto per salvare il lavoro, bisogna riconoscere, finalmente, che Piombino non è più una città industriale. E di conseguenza governare i processi e le trasformazioni che altrimenti, se non governate, continueranno a travolgerci".


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